Ho scoperto che non sono l’unico papà fotografo che cerca di barcamenarsi alla ricerca di un equilibrio tra famiglia e fotografia. Mi avete scritto in tantissimi. Allora non sono solo! Ma dove eravate nascosti?

In questo post parliamo più dell’esperienza dell’essere papà e del viaggiare che di fotografia: per una volta uscirò un dal seminato fotografico e ti racconterò alcune cose che ho imparato seguendo strade che non avevo ancora percorso. Ti racconterò un pezzo della mia storia.

Ho sempre amato viaggiare ma per una serie di motivi, assieme a mia moglie, negli ultimi anni non è stato possibile. Motivi lavorativi, motivi economici, motivi famigliari, motivi vari ed eventuali. Nel corso dell’ultimo anno, che è anche il primo di vita del nuovo arrivato Lorenzo, abbiamo scelto di trovare il tempo per riprendere a farlo. Abbiamo addirittura esagerato: per essere sicuri di regalare al giovane la voglia di viaggiare lo abbiamo portato in tre situazioni diverse: al mare, in montagna e in una città d’arte.

Vado subito al punto: in tutte e tre le situazioni siamo ritornati con delle bellissime fotografie non solo personali, ma anche adatte a un utilizzo commerciale. Quindi si può fare. Si può viaggiare con la famiglia anche se di questa fa parte un bambino piccolo e si può fotografare addirittura in modo professionale. Se è la prima volta che leggi un post su questo blog sappi che vendo le mie fotografie principalmente, ma non esclusivamente, attraverso l’agenzia di fotografia microstock Shutterstock.

In sintesi: se ci riesco io, anche tu puoi essere un papà fotografo.

Lorenzo ha 14 mesi e ho notato che la sua conoscenza del mondo si sta espandendo. Ho letto da qualche parte che le persone non hanno ricordi prima dei tre anni di età. E’ probabile che sia così, ma paradossalmente sono gli anni in cui si forma definitivamente la personalità di un essere umano.

Se questo bambino sarò una persona curiosa, socievole, paurosa, dotata di abilità manuali… tutto si forma in un periodo di cui non si ricorderà. E’ per questo che ho scelto di fare viaggiare da subito nostro figlio, per dargli qualcosa che si porterà dietro anche in modo inconsapevole e che sia un qualcosa di buono.

E poi ci sono le fotografie. Non quelle che scatto nei luoghi che visito per motivi professionali.

Ci sono le nostre fotografie che scatto nel corso del viaggio e che rimarranno a ricordare quello che oggi il suo cervello registra ma non ricorderà consciamente. La prima volta che ha toccato il mare con i piedini, la prima volta che si è visto in uno specchio, la prima volta che ha visto da vicino un gufo, la prima volta che ha inserito la mano in un barattolo di vetro per prendere una conchiglia. Queste immagini sono per me un tesoro senza prezzo ed è un tesoro che si raccoglie con maggiore facilità quando si viaggia e tantissime situazioni nuove appaiono davanti ai suoi occhi e alla mia fotocamera.

Le regole del papà fotografo che ho scelto di seguire nei miei viaggi fotografici sono semplici.

  • La pianificazione degli scatti fotografici destinati alla vendita (prevalentemente agenzie microstock) riguarda momenti in cui il bambino non è presente, tipicamente alla mattina presto o alla sera tardi. Accompagno moglie e bimbo in albergo e inizio una sessione dedicata alla produzione fotografica. Quando mia moglie può aiutarmi, durante il sonnellino pomeridiano del bimbo esco e faccio una mini sessione. Questo vuole dire che quando il piccolo è sveglio lui ha la priorità e se riesco a fotografare qualcosa è un regalo del caso, altrimenti va bene così. Quando c’è lui è giusto che tutte le luci della ribalta siano puntate su di lui, così come il focus della mia fotocamera. La pianificazione salta in aria nel momento in cui lui apre gli occhi. Questo vuole dire essere un papà fotografo.
  • Pianificazione dura e pura durante le sessioni di lavoro in solitaria, massima flessibilità nel momento in cui si sta passeggiando con la famiglia. Il bambino detta i tempi di quanto si sta in un luogo, ammesso che ci si riesca ad arrivare perché nel frattempo non è successo qualcosa di imprevisto. Ordine estremo e caos totale a momenti alternati.
  • Voglio tenere la mente aperta e approfittare degli occhi del mio bimbo. Ogni volta che si ferma a guardare qualcosa che lo sorprende normalmente c’è una buona fotografia nell’aria.

Un aspetto interessante dell’essere un papà fotografo è che si impara il potere del focus mentale. Avere poco tempo a disposizione per fotografare in tranquillità ti rende enormemente più produttivo in quei pochi minuti liberi. C’è un detto americano che dice: se vuoi che una cosa sia fatta, dalla da fare a una persona molto impegnata. Il motivo è semplice: chi è molto impegnato riesce a usare gli spazi liberi del proprio tempo al massimo, senza procrastinare decisioni e attività.

Qui il discorso è simile. Se hai pochi minuti di tranquillità fotografica non li passi a ipotizzare cosa sarebbe meglio fare. Semplicemente fai quello che vuoi fare e lo fai anche velocemente. Se vuoi trovare degli spunti di riflessione sull’organizzazione del lavoro fotografico e la conciliazione con gli impegni famigliari puoi leggere Come continuare a fotografare con un figlio e un lavoro

Nel corso del primo anno di vita di Lorenzo abbiamo visitato Venezia, parte delle Dolomiti e le Cinque Terre. Ci siamo mossi in passeggino, nello zainetto portabimbo e nell’ultimo periodo abbiamo perfino iniziando a camminare assieme. Abbiamo viaggiato per ore in auto ascoltando canzoncine alla radio, fatto amicizia con i passeggeri dei traghetti e faticato a fare salire il passeggino in treni affollati. Naturalmente, come ogni vero papà fotografo, il tutto con una macchina fotografica a tracolla.

Ecco cosa ho imparato.

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I bambini hanno un modo particolarmente sofisticato di comunicare


Mio figlio è molto più intelligente, empatico e immediato di quanto io in un primo momento avevo creduto. Viaggiare in luoghi che non conosci ti porta fuori dai percorsi delle tue abitudini e prima riesci a sviluppare un vero spirito di team con lui, prima riesci a migliorare le piccole situazioni di disagio. E’ difficile scrivere ciò che senti, ma penso che ogni papà fotografo possa capire e se diventerai genitore prossimamente lo capirai: anche in età molto precoce si comunica in ogni momento. Sempre. Non puoi fare a meno di comunicare

La maggior parte delle paure erano infondate

Mi mettono tristezza le coppie che dicono non possiamo viaggiare perché abbiamo un figlio piccolo. Tranquilli. Lo potete fare.

Una delle preoccupazioni che io e mia moglie abbiamo avuto per tutto il nostro viaggio è stata: e il bimbo come mangia? Ti assicuro che non solo a nessuno è mancato da mangiare, ma il bimbo ha provato la pasta al pesto e il Parmigiano Reggiano con molta soddisfazione. La stessa cosa è successa per la paura del viaggio in macchina troppo lungo, oppure per quella dell’eccessiva altitudine in montagna.

La verità è che siamo abituati a vivere in un mondo extra-sicuro dove tutto, dalle forchette ai tavoli con gli spigoli arrotondati, deve essere per definizione pubblicitaria a misura di bambino.

Prendi qualche rischio ed esci nel mondo reale. Si può vivere una splendida avventura prendendola con il cuore leggero e senza sentirsi dei genitori degeneri, basta avere attenzione senza volere sempre e per forza intervenire. Lascia un pizzico di rischio della scoperta al tuo bambino sotto la tua supervisione.

Il papà fotografo che fa del bene al mondo non mettere suo figlio al centro di tutto

Mi trovavo a Venezia e quella mattina mia moglie e mio figlio erano rimasti in albergo a dormire un po’ di più. In prossimità della coda di persone in attesa di entrare a Palazzo Ducale vedo una bambina di 5 o 6 anni prendere a schiaffi la mamma in pubblico.

Ecco: io a quel punto non voglio arrivare. Siamo abituati dalla società (ma sospetto fortemente plasmati dalla pubblicità) a mettere i nostri figli al centro di tutto e dargli qualsiasi cosa. Vedo costantemente bambini che hanno avuto tutto dai propri genitori e che si spengono mentalmente in un’età molto precoce. Io non darò tutto e subito a mio figlio perché ho paura di arrivare a questo punto.

Sono convinto che viaggiare faccia veramente bene da questo punto di vista. Mettere proprio figlio in una posizione diversa dal solito obbligandolo a relazionarsi con situazioni e persone diverse lo toglie dalla campana di vetro e lo costringe ad adattarsi al mondo, non a fare adattare il mondo a lui.

Mi sono sentito più papà

Viaggiare con un bambino piccolo è un’esperienza importantissima per entrambi i genitori, ma in modo diverso. Io non ho avuto l’esperienza di avere mio figlio con me per nove mesi di gravidanza e in qualche modo sono sempre stato a fianco di mia moglie e di mio figlio, ma non protagonista. E’ naturale che mio figlio sia più attaccato alla mamma e io sia chiamato in causa per una seconda o anche terza opinione sulle questioni importanti.

Viaggiare uscendo dalla routine domestica mi ha permesso di riportare un maggiore equilibrio in questo rapporto. A causa del mio lavoro sono spesso fuori casa alla sera e avere finalmente del tempo per potere cambiare i pannolini, preparare il latte e mettere il bambino a dormire mi ha permesso di sentirmi più papà.

Ho apprezzato di più il lavoro quotidiano di mia moglie

Non ho ancora capito come le mamme riescano a sollevare con un sorriso il carico di lavoro di uno o più figli, ma di sicuro oggi apprezzo molto di più questa magia. Improvvisamente (e finalmente) il papà fotografo si rende conto di quante cose silenziose accadono ogni giorno e di quanto possa essere pesante il lavoro di cura della propria compagna di vita nei confronti di un figlio.

Mi permetto un consiglio alle lettrici: non solo godetevi il viaggio con vostro marito o il vostro compagno e vostro figlio, ma spingetevi oltre. Lasciateli da soli per un po’ di tempo senza nessun vostro aiuto, neanche telefonico. Andate a fare shopping da sole. Anche solo una mezza giornata. Non spaventatevi, è incredibile ma riusciranno a sopravvivere. In cambio avrete di fianco un compagno che da domani avrà capito un pizzico di più di voi.

Viaggiare costruisce la memoria

I ricordi più belli che ho con mio padre sono quelli di quando assieme abbiamo viaggiato in motocicletta e io ero il passeggero. Abbiamo iniziato quando io avevo 12 anni. Ma la mia prima fotografia con un casco in testa seduto sulla moto è di quando avevo un anno.

Viaggiare è uno dei modi più belli per costruire una memoria comune che ti fa sentire vicino per sempre, permettendo di costruire e custodire un ricordo che si condivide solo con chi ha partecipato a quell’avventura.

Nel caso di mio figlio Lorenzo, avendo lui poco più di un anno di vita, i ricordi non rimarranno nella sua memoria ma ho visto il suo carattere e l’ho visto plasmarsi, cambiare, trasformarsi durante i viaggi.

L’ho visto fare amicizia con una anziana donna indiana su un traghetto a Venezia e in quel momento nessuno aveva bisogno di sapere parlare. Questo ricordo rimarrà per sempre nella mia memoria, ma sono sicuro che anche nella sua testolina a livello non cosciente il risultato di questa esperienza lascerà una traccia nel suo carattere.

In questo post ho raccontato un po’ della mia vita personale uscendo dall’argomento fotografico. Non capita spesso, ma avevo voglia di farlo. Se anche tu hai voglia di raccontare la tua esperienza di mamma o papà fotografa/o… qui c’è posto per te. Commenta questo post.

 

Paolo

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